Libertà di Cura e Diritto alla Salute

L’articolo 32 della costituzione è dedicato al Diritto alla Salute. Recita così:

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Il testo è molto essenziale, breve, usa solo le parole strettamente necessarie per definire il concetto. Da questo articolo possono derivare due interpretazioni possibili: quella socialista e quella liberale. La prima considera lo stato come il genitore che deve accudire i cittadini come i suoi figli, la seconda considera i cittadini in grado di provvedere a se stessi. Quella socialista può essere ulteriormente suddivisa in quella conservatrice o progressista. La prima considera il genitore una autorità nei confronti dei figli, la seconda invece considera  il genitore più un amico un compagno di viaggio, ma entrambe, come dicevo prima, prevedono un ruolo attivo della sanità pubblica, che sa cosa è giusto per te.

A me piace di più la visione liberale del Diritto alla Salute. I motivi sono semplici: lascia all’individuo la scelta di ciò che lui reputa essere la sua salute, lo responsabilizza, lo fa uscire dall’ignoranza del “non sapere”.

Bisogna stare attenti a non confondere i piani di interpretazione. Uno è quello della ricerca scientifica medica, un’altro è quello dell’assistenza sanitaria e dell’intervento dello stato e l’ultimo è l’autodeterminazione dell’individuo. Possono coesistere tutti e tre senza prevalere l’uno sull’altro e questo la visione liberale lo fa. Quando si impone una cura, quando si pretende che l’ultima verità scientifica sia quella giusta, istituzionalizzando la “scienza di stato” (per approfondire), quando si intromette la fede religiosa (in ambito medico e assistenziale gli enti religiosi la fanno da padrone), beh allora si invade la sfera dell’individuo, a tal punto da negargli il Diritto alla Salute.

Come dice la Costituzione a nessuno deve essere negata la possibilità di accedere alle cure mediche, e lo Stato deve intervenire in caso di indigenza. L’obbligo ad un trattamento sanitario si ha come estrema urgenza sanitaria, che va riconosciuta e non paventata. Li si che serve una certezza misurabile e non solo ipotetica. Ogni trattamento sanitario, ogni farmaco, ogni operazione comporta dei rischi, l’individuo sulla base della valutazione personale di questi rischi può e deve decidere sulla sua salute e cura, con l’aiuto della professionalità del medico di sua fiducia. Quando lo Stato per ragione di urgenza valuta scientificamente (e non politicamente o ideologicamente) che i rischi collettivi sono maggiori di quelli individuali, allora e solo allora può obbligare un trattamento sanitario.

Non dimentichiamoci l’altra faccia della medaglia: il Medico. Anche lui ha diritto ad una libertà di azione (per approfondire leggi il mio commento alla Legge Gelli). Quando si impone la “scienza di stato” la sua libertà diventa limitazione, il suo agire nobile, pura e semplice burocrazia. Quando lo Stato crea i suoi enti scientifici, gli ordini professionali vincolando la professione ad essi, e poi li politicizza usandoli come armi, il dibattito scientifico si trasforma, e solo “posizione dominante nel campo della politica medica” viene presa in considerazione.

Chi decide qual è la posizione dominante se non la politica e gli interessi di parte?

Vi lascio con la lettura di un testo sconfortante, pubblicato sul sito della nostra autorità di vigilanza sul farmaco AIFA. Mi lascia senza parole come la lotta alla “ciarlataneria” sia usata per screditare la Libertà di Cura.

Ivan Catalano

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