Il 16 magio 2018, sul sito del Ministero della difesa è comparsa la nuova direttiva sulla profilassi vaccinale militare. Questa si è resa necessaria a fronte della modifica del codice dell’ordinamento militare all’articolo 206-bis. Partendo dalla premessa comprendiamo subito lo scopo della profilassi:
GARANTIRE UNA PROTEZIONE INDIVIDUALE DAL RISCHIO BIOLOGICO IN TEATRO DI GUERRA.
La commissione Uranio, nella sua relazione finale, come in quella intermedia, ha più volte dichiarato che oltre al rischio biologico in teatro di guerra, va considerato anche quello relativo alla profilassi vaccinale stessa. La vaccinazione infatti ha un rischio legato al pericolo intrinseco del farmaco e dal danno soggettivo che questo può causare in determinate condizioni, più il rischio legato alla somministrazione non corretta. Questo principio non viene ripreso dalla nuova direttiva.
La Commissione aveva fatto numerose raccomandazioni, tra cui la fornitura dei polivalenti: TDP (tetano, difeterite, poliomielite) e MPRV ( Morbillo, parotite, rosolia e varicella) con dei monovalenti, che non solo non viene rispettata, ma bensì viene aggravata dalla resa obbligatoria nel ciclo del modulo di base anche il quadrivalente AWCY per la meningite. L’unica nota positiva è che nel caso MPRV vale il controllo del titolo anticorpale attestante la copertura per evitare la vaccinazione.
Per quanto riguarda la somministrazione, è stata accolta in parte la richiesta di migliorare il sistema, ma la soluzione adottata dalla difesa è stata quella creare dei Centri Vaccinali all’interno della struttura ospedaliera militare. La commissione aveva consigliato di togliere dalla competenza militare la profilassi e di darla al SSN, per evitare problemi legati alla sudditanza gerarchica da parte dei medici militari.
La Commissione ha effettuato uno studio su tutte le precauzioni d’uso dei farmaci utilizzati, elaborando la documentazione AIFA, pubblicando delle tabelle che la nuova direttiva non ha minimamente preso in considerazione. Nel capito sui “motivi ostativi alla vaccinazione” si fa riferimento ad una linea guida del ministero della salute, riassunta in una riga che sostanzialmente dice che occorre preoccuparsi solo delle reazioni allergiche dell’individuo.
La fase di controllo pre-vaccinale si esaurisce un una anamnesi non diversa da quella che avevamo trovato nella direttiva del 2008. Il senso del controllo pre-vaccinale consiste nel tentativo di evitare di dover far fronte a reazioni avverse gravi. La verifica di condizioni esistenti nel soggetto con degli esami pre-vaccinali non è stata presa in considerazione. L’unica cosa in più è il test di gravidanza obbligatorio per il personale femminile.
Il controllo dei fogli illustrativi prima di fare una vaccinazione è molto importante in quanto, se vengono ignorate le precauzioni d’uso indicate li dentro, poi si configura una responsabilità del medico vaccinatore. L’analisi pre-vaccinale è quindi sempre lasciata al medico vaccinatore, che dovrebbe avvalersi delle conoscenze tecniche scientifiche migliori per ricercare motivi ostativi alla vaccinazione. Scriverlo era importante.
Non sembra esserci stato un grosso interesse da parte della difesa ad analizzare le risultanze dello studio della commissione per quanto riguarda le reazioni avverse, gli eventi avversi, le controindicazioni e le precauzioni d’uso.
Il monitoraggio post-vaccinale attivo non è contemplato, se non per 30 minuti dopo la vaccinazione.
Non è prevista nemmeno la conferma della copertura vaccinale al fine di assicurare al militare la copertura dai rischi biologici illustrati nella premessa.
La raccomandazione dell’archiviazione digitale delle informazioni è stata in qualche modo recepita.
Inoltre le informazioni necessarie ad una successiva rivalsa per danni da parte del militare vengono puntualmente raccolte.
Per quanto riguarda la prevenzione delle reazioni avverse, la direttiva rimanda sempre a linee guide del ministero della salute, che concentra tutti gli aspetti preventivi nella corretta anamnesi, così come riportata negli allegati tecnici, non prendendo in considerazione esami clinici preventivi. Quello che si chiede è che il centro vaccinale sia dotato di strumenti per fare fronte ad una reazione avversa grave istantanea.
Ma come si fa a prevenire le reazioni avverse se si considerano tali solo quelle accorse entro i 2 giorni, abbassando l’obbligo di segnalazione alle 36 ore successive alla segnalazione?
C’è una forte volontà di sottovalutare il problema. Infatti queste segnalazioni vanno ad alimentare la banca dati delle reazioni avverse sulla quale poi vengono fatte le valutazioni. Molte delle reazioni compaiono anche dopo mesi o addirittura anni, in funzione del soggetto vaccinato, per questo andava previsto un monitoraggio attivo post-vaccinale.
Insomma un minuscolo passo avanti, che se avesse avuto piena considerazione delle raccomandazioni della commissione d’inchiesta, sarebbe stato molto più significativo. Non resta che affidarsi alla capacità del singolo medico vaccinatore, su cui cadrà la responsabilità. Saranno in grado di dare ascolto alla loro autonomia dettata dal giuramento di Ippocrate, oppure si piegheranno sempre agli ordini gerarchici?
Ivan Catalano