DDL770: modifiche al ruolo del medico, di AIFA e sulla propaganda

Dopo aver trattato negli scorsi post il tema dell’Anagrafe Vaccinale e del principio di precauzione, oggi vorrei prendere in considerazione del ruolo del medico, di AIFA e la propaganda sui vaccini nelle scuole.

In quest’ultimo pacchetto di modifiche, che presenterò mediante emendamenti ai senatori, chiederò le seguenti modifiche:

  1. rafforzamento del principio per cui il medico curante è tenuto al segreto professionale in merito ai dati raccolti con l’anagrafe vaccinale ed è responsabile del monitoraggio a lungo termine delle reazioni avverse, questo per poter consentire una farmacovigilanza attiva e una raccolta statistica significativi di dati post vaccinazione, in merito alle reazioni avverse. In questo modo si responsabilizza la figura del medico curante e si destinano risorse per l’adempimento delle sue funzioni. 
  2. abrogare la presenza di diritto di AIFA in tutti i procedimenti di lite giudiziaria per danno da vaccino, inserita nel decreto Lorenzin e non abrogato dal ddl770,
  3. eliminare la propaganda vaccinale dalle scuole. Il testo di legge infatti prevede che vengano predisposte delle ore dedicate alla propaganda vaccinale per gli studenti.

Nel prossimo post pubblicherò gli emendamenti che intendo proporre ai senatori in versione integrale. Li invierò direttamente alla Senatrice, nonché relatrice del provvedimento, e alla commissione sanità.

Ivan Catalano

DDL770: Il principio di precauzione

Dopo aver trattato nello scorso post il tema dell’Anagrafe Vaccinale, oggi vorrei prendere in considerazione una lacuna del provvedimento: l’assenza del principio di precauzione.

Con il termine principio di precauzione, o principio precauzionale, si intende una politica di condotta cautelativa per quanto riguarda le decisioni politiche ed economiche sulla gestione delle questioni scientificamente controverse. (Wikipedia)

Per permeare il testo di questo principio, specialmente nel tema dei vaccini dove la comunità scientifica è molto dubbiosa, occorre modificare alcuni parti del testo, per questo proporrò degli emendamenti, ai senatori, che:

  1. Innanzi tutto eliminino il concetto di “Copertura Vaccinale“. Questa dicitura considera sufficiente, nonché necessaria, la sola puntura, la sola somministrazione del farmaco per risolvere il problema delle malattie infettive, in coerenza con la teoria dell’immunità di gregge vaccinale. Non solo questa è scorretta dal punto di vista scientifico, la puntura non garantisce l’immunità, ma non tiene conto delle condizioni del paziente prima della vaccinazione, esponendolo a dei rischi inutili. Quindi occorre parlare di “Immunizzazione” e non di copertura vaccinale;
  2. elimini tutta la parte riguardante la lotta alla riluttanza vaccinale, tale lotta infatti può porre dubbi di legittimità costituzionale. In questo modo si risparmiano anche delle preziose risorse. il principio di precauzione è completamente conforme all’articolo 32 della costituzione che prevede limitazioni alla libertà di scelta in materia sanitaria, secondo principi di proporzionalità e di tutela della dignità e della salute del singolo.
  3. inseriscano gli esami pre-vaccinali nella profilassi vaccinale. Occorre inserire nel testo questa previsione che ha il fine di tutelare la salute del vaccinando. Una corretta vaccinazione, basata sul principio di precauzione inoltre, prevede una corretta anamnesi del paziente per limitare i rischi di reazioni avverse;
  4. dicano quando è possibile ricorrere alla vaccinazione, in quanto, essendo una pratica ad alto rischio soggettivo e non standardizzabile, deve essere usata solo in casi estremi. Per questo occorre precisare che per malattie curabili non è necessario inserire un obbligo vaccinale. Rimane l’obbligo solo per le malattie più gravi da un punto di vista di rischio biologico;
  5. inseriscano il limite dei 3 anni di età sotto la quale non si dovrebbe vaccinare onde evitare inutili rischi di reazioni avverse comprese quelle più gravi che possono anche condurre alla morte per SIDS dell’infante, il quale tra l’altro non ha nemmeno un sistema immunitario ancora ben formato. In questo modo si aumenta l’efficacia della vaccinazione in termini di immunizzazione abbattendo i rischi di reazioni avverse legate al periodo infantile;
  6. vengano esclusi dalla vaccinazione coloro che risultano già immunizzati e che sia tolto l’obbligo vaccinale lasciandolo di norma facoltativo. L’obbligo sarebbe limitato negli ambiti nel quale si ha un reale rischio biologico con dei poteri di chiusura degli spazi pubblici. Se c’è vero rischio si chiudono gli spazi pubblici non si creano discriminazioni per l’ingresso;
  7. vengano usati i vaccini monovalenti e monodose, nonché quelli più puri è in ottemperanza del principio di precauzione, in quanto questa rientra tra le misure anche raccomandate dalla commissione di inchiesta uranio impoverito e vaccini.

Ivan Catalano

DDL770: Analisi dell’Anagrafe Vaccinale

L’Anagrafe Vaccinale è stata introdotta dall’articolo art. 4-bis del decreto legge 7 giugno 2017, n. 73, convertito con modificazioni dall’art. 1 della legge 31 luglio 2017, n. 119, con lo scopo di creare una banca-dati dei vaccinati, per ottenere in tempo reale le percentuali di copertura per coorte di nascita e territorio, e per sanzionare coloro che non si sottopongono alle vaccinazioni. Questa anagrafe però è stata gestita in modo davvero imbarazzante, in quanto i dati personali riguardanti i bambini sono stati scambiati senza il rispetto della privacy, tra scuole, ASL, e tra persone che non avevano titolo all’interno degli istituti scolastici al fine di segregare i bambini non vaccinati ed escluderli. Questa anagrafe, benché non censurata nel suo utilizzo dal garante della privacy, a mio avviso rappresenta una vera e propria schedatura in piena violazione dei dati personali sanitari. Questa schedatura viene ripresa nel DDL770 all’articolo 4. Nel disegno di legge non si fanno passi avanti anzi, si cambia nome e la si rende di più facile compilazione ed utilizzo senza minimamente interessarsi della tutela dei dati.

Io credo che l’anagrafe vaccinale può essere utile nella misura in cui non rappresenta una schedatura, ovvero quando i dati in esso contenuti siano ad uso esclusivo, in via integrale, del titolare dei dati e al limite del medico curante, mentre in forma anonima per coloro che vogliono fare ricerche e statistiche.

Per questo motivo ho predisposto una serie di emendamenti, che pubblicherò nella loro interezza più avanti e che darò ai senatori della commissione sanità, e che puntano a:

  1. realizzare un’anagrafe vaccinale nazionale popolata dei dati, riguardanti le vaccinazioni, già contenuti nel fascicolo sanitario nazionale, questo per evitare di creare un nuovo database duplicato;
  2. definire che l’accessibilità a questi dati viene concessa in modalità integrale solo al titolare dei dati e al medico curante mente in forma aggregata a tutte le amministrazioni che ne fanno richiesta per i motivi descritti nel provvedimento;
  3. avere la possibilità di integrare l’anagrafe con i dati della farmacovigilanza c.d. attiva;
  4. dare attuazione alla raccomandazione della commissione di inchiesta uranio e vaccini della scorsa legislatura in merito all’immagazzinamento dei dati vaccinali militari all’interno del FSE civile.

Stay tuned

Ivan Catalano

WebTax, Stabile Organizzazione Digitale e Base Imponibile Comune: Verso l’unione fiscale?

Il Parlamento Europeo, giovedì 15 marzo 2018, ha votato in commissione ECOM (Problemi economici e monetari), la relazione sulla proposta di direttiva del Consiglio relativa a una base imponibile comune per l’imposta sulle società (COM(2016)0685 – C8-0472/2016 – 2016/0337(CNS)). Il testo definitivo, come approvato dagli emendamenti presentati, oltre ad offrire un aggiornamento del metodo di calcolo della base imponibile comune, introduce alcune novità, che ora la Commissione deve valutare, in conformità dell’articolo 293, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
La novità che mi preme di più fare notare, è quella relativa al concetto di Stabile organizzazione digitale.

stabile organizzazione digitale“, una presenza digitale significativa di un contribuente che presta, in una giurisdizione, servizi rivolti a consumatori o imprese in tale giurisdizione, conformemente ai criteri stabiliti nell’articolo 5, paragrafo 2 bis;

Il citato riferimento interno dice:

2 bis. Se un contribuente residente in una giurisdizione offre una piattaforma digitale, come un’applicazione elettronica, una banca dati, un mercato online o uno spazio di archiviazione, o fornisce accesso alla medesima, oppure offre un motore di ricerca o servizi pubblicitari su un sito web o in un’applicazione elettronica, si considera che tale contribuente abbia una stabile organizzazione digitale in uno Stato membro diverso dalla giurisdizione in cui è residente a fini fiscali se l’importo totale dei ricavi del contribuente o dell’impresa consociata dovuti alle transazioni a distanza generate dalle summenzionate piattaforme digitali nella giurisdizione in cui non è residente supera i 5 000 000 EUR l’anno e se è soddisfatta una delle seguenti condizioni:
a) almeno 1 000 utenti individuali registrati mensilmente, domiciliati in uno Stato membro diverso dalla giurisdizione in cui il contribuente è residente a fini fiscali, si sono collegati alla piattaforma digitale del contribuente o l’hanno visitata;
b) sono stati conclusi almeno 1 000 contratti digitali al mese con consumatori o utenti domiciliati in una giurisdizione diversa da quella di residenza in un esercizio fiscale;
c) il volume di contenuti digitali raccolti dal contribuente in un esercizio fiscale supera il 10 % dei contenuti digitali complessivi memorizzati dal gruppo.
Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 66 per modificare la presente direttiva adeguando i fattori di cui alle lettere a), b) e c) del presente paragrafo sulla base dei progressi conseguiti negli accordi internazionali.
Se, oltre alla soglia basata sui ricavi di cui al primo comma del presente paragrafo, per un contribuente in un dato Stato membro sono applicabili uno o più dei tre fattori digitali di cui alle lettere a), b) e c) del presente paragrafo, si considera che il contribuente abbia una stabile organizzazione in tale Stato membro.
Un contribuente è tenuto a comunicare alle autorità tributarie tutte le informazioni relative alla determinazione della stabile organizzazione o della stabile organizzazione digitale in conformità del presente articolo.

Questa innovazione fiscale comporta per una azienda che vuole competere a livello internazionale con un prodotto digitale, come descritto e con clienti in Europa, deve pagare le tasse nel paese membro nel quale rispecchia i requisiti richiesti.

Sono sufficienti questi criteri? 

Inoltre, Il 16 marzo 2011 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva per una base imponibile consolidata comune per l’imposta sulle società (CCCTB). La proposta, ancora all’esame del Consiglio, costituisce una delle iniziative REFIT della Commissione e mira a fornire alle imprese un insieme unico di norme in materia di imposta sulle società per operare in tutto il mercato interno. La proposta di CCCTB del 2011 consentirebbe pertanto alle imprese di considerare l’Unione come un mercato unico ai fini dell’imposta sulle società, facilitando in tal modo la loro attività transfrontaliera e promuovendo scambi e investimenti.

Occorre però che queste due direttive entrino in vigore simultaneamente, per evitare disallineamenti. Ma trattandosi di direttive ogni stato membro dovrà recepirle. Siamo sicuri che saranno in grado di recepirle tutti e 28 in tempi utili?

Io reputo i tentativi, compresi quelli dell’Italia di introdurre una WebTax per prelevare ricchezza dalle aziende digitali, sia un tentativo malriuscito e illiberale. Così come reputo che la tassazione al 3% del fatturato, ovvero una tassazione sull’utile presunto, partorita dalla commissione europea, ci porterà indietro nel diritto tributario di parecchi anni.

Ivan Catalano

L’auto elettrica è il futuro della mobilità urbana di merci e persone: #Retrofit!

All’inizio di questo mese ho letto una agenzia dell’ansa che titolava così: “Auto elettriche inquinanti se energia non è verde“. Quest’affermazione mi ha lasciato un po’ basito. Leggendo l’articolo apprendiamo che nello studio, “Comparative Environmental Life Cycle Assessment of Conventional and Electric Vehicles” della Yale University, è stato calcolato che, per l’equivalente della CO2 emessa nell’intero ciclo di funzionamento dei veicoli, comprendendo sia la fabbricazione degli stessi che la produzione dell’energia con cui vengono fatti funzionare, l’Italia si colloca in una zona intermedia, con un valore equivalente di 170 g/km di CO2 che è comunque molto più alto rispetto ai diesel e ai benzina. Lo studio è vecchio, ormai ha ormai 6 anni. Dispiace vedere che l’Ansa abbia dato credito ad uno studio che scredita l’elettrico, facendo pensare al lettore che sia vantaggioso, se e solo se green in tutto, quando invece l’ENEA poco tempo fa, ha pubblicato uno studio del tutto analogo, ma con risultati opposti, ovvero che l’elettrico (ma sopratutto l’ibrido) convengono sempre in termini ambientali ed energetici.

Da miei calcoli inoltre ho dedotto che, la trasformazione di un veicolo da endotermico ad elettrico, mediante il #DecretoRetrofit, conviene ancora di più.

La strada è questa seguiamola con buonsenso e non correndo dietro alle dichiarazioni dei produttori di veicoli.

Ivan Catalano

Leggi di più sul #Retrofit

Le cryptovalute, dovrebbero diventare vere valute?

Il 13 febbraio di quest’anno, la Banca Centrale Europea (BCE), ha pubblicato una brevissima nota dove spiega puntualmente perché le cryptovalute non sono vere e proprie valute reali.
Il Bitcoin – ci dice la BCE – è stato etichettato come moneta virtuale, un token digitale che può essere scambiato elettronicamente. Non esiste in forma fisica. I Bitcoin vengono creati e mantenuti traccia da una rete di computer che utilizza complesse formule matematiche, piuttosto che da un’unica autorità o organizzazione.

Wikipedia ci da una definizione simile: Una criptovaluta (o crittovaluta o criptomoneta) è una valuta paritaria, decentralizzata e digitale la cui implementazione si basa sui principi della crittografia per convalidare le transazioni e la generazione di moneta in sé.

Ma perché la BCE non ritiene che il Bitcoin (come le altre valute simili) non possano essere considerate valute reali? Le motivazioni sono 4:

non è bancabile, non è generalmente accettato come metodo di pagamento, chi la usa non è protetto ed è una valuta troppo volatile.

Cosa dovrebbe fare il sistema bancario di fronte a queste valute digitali? Cosa dovrebbe fare il Parlamento Europeo e Italiano?

Da liberale direi il meno possibile. Tutelare gli utenti vuol dire dargli un riconoscimento fiscale certo. Occorre trovare una regolamentazione che possa prevedere l’esistenza di altre tipologie di valute, come in questo caso le crypto che, come accadde a suo tempo le monete elettroniche, potrebbero dare un contributo significativo al mercato di beni e servizi, sia a livello europeo che internazionale.

Ivan Catalano

Libertà di Cura e Diritto alla Salute

L’articolo 32 della costituzione è dedicato al Diritto alla Salute. Recita così:

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Il testo è molto essenziale, breve, usa solo le parole strettamente necessarie per definire il concetto. Da questo articolo possono derivare due interpretazioni possibili: quella socialista e quella liberale. La prima considera lo stato come il genitore che deve accudire i cittadini come i suoi figli, la seconda considera i cittadini in grado di provvedere a se stessi. Quella socialista può essere ulteriormente suddivisa in quella conservatrice o progressista. La prima considera il genitore una autorità nei confronti dei figli, la seconda invece considera  il genitore più un amico un compagno di viaggio, ma entrambe, come dicevo prima, prevedono un ruolo attivo della sanità pubblica, che sa cosa è giusto per te.

A me piace di più la visione liberale del Diritto alla Salute. I motivi sono semplici: lascia all’individuo la scelta di ciò che lui reputa essere la sua salute, lo responsabilizza, lo fa uscire dall’ignoranza del “non sapere”.

Bisogna stare attenti a non confondere i piani di interpretazione. Uno è quello della ricerca scientifica medica, un’altro è quello dell’assistenza sanitaria e dell’intervento dello stato e l’ultimo è l’autodeterminazione dell’individuo. Possono coesistere tutti e tre senza prevalere l’uno sull’altro e questo la visione liberale lo fa. Quando si impone una cura, quando si pretende che l’ultima verità scientifica sia quella giusta, istituzionalizzando la “scienza di stato” (per approfondire), quando si intromette la fede religiosa (in ambito medico e assistenziale gli enti religiosi la fanno da padrone), beh allora si invade la sfera dell’individuo, a tal punto da negargli il Diritto alla Salute.

Come dice la Costituzione a nessuno deve essere negata la possibilità di accedere alle cure mediche, e lo Stato deve intervenire in caso di indigenza. L’obbligo ad un trattamento sanitario si ha come estrema urgenza sanitaria, che va riconosciuta e non paventata. Li si che serve una certezza misurabile e non solo ipotetica. Ogni trattamento sanitario, ogni farmaco, ogni operazione comporta dei rischi, l’individuo sulla base della valutazione personale di questi rischi può e deve decidere sulla sua salute e cura, con l’aiuto della professionalità del medico di sua fiducia. Quando lo Stato per ragione di urgenza valuta scientificamente (e non politicamente o ideologicamente) che i rischi collettivi sono maggiori di quelli individuali, allora e solo allora può obbligare un trattamento sanitario.

Non dimentichiamoci l’altra faccia della medaglia: il Medico. Anche lui ha diritto ad una libertà di azione (per approfondire leggi il mio commento alla Legge Gelli). Quando si impone la “scienza di stato” la sua libertà diventa limitazione, il suo agire nobile, pura e semplice burocrazia. Quando lo Stato crea i suoi enti scientifici, gli ordini professionali vincolando la professione ad essi, e poi li politicizza usandoli come armi, il dibattito scientifico si trasforma, e solo “posizione dominante nel campo della politica medica” viene presa in considerazione.

Chi decide qual è la posizione dominante se non la politica e gli interessi di parte?

Vi lascio con la lettura di un testo sconfortante, pubblicato sul sito della nostra autorità di vigilanza sul farmaco AIFA. Mi lascia senza parole come la lotta alla “ciarlataneria” sia usata per screditare la Libertà di Cura.

Ivan Catalano

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