Tempo fà ho trattato il discorso sulla libertà di cura e ciò che per me vuol dire. Oggi però mi trovo a dover fare un addendum a quella mia riflessione. Per me la libertà di cura si associa ad una libertà di scelta più generale, che comprendere anche il diritto a decidere, in casi estremi, di poter porre fine alla propria via, vedi testamento biologico, ma anche essere liberi di scegliere di poter continuare a vivere #FinoAllaFine, vedi caso del piccolo Alfie.
Su questo tema, dell’essere “libero di” scegliere come curarsi, di restare in vita nonostante le poche speranze dei medici, di scegliere terapie diverse da quelle che la comunità scientifica di stato ammette, etc.., fanno tutte parte di una grande questione liberale del diritto di scelta su come curarsi e su come vivere. Le diverse fazioni, quelle che mosse da un impulso religioso e spirituale, ammettono l’accanimento terapeutico ma non l’eutanasia, e quelle mosse da convinzioni mediche “scientifiche” (la medicina non è una scienza il termine è usato in modo improprio), che vogliono che sia perseguita la volontà del paziente solo quando si tratta di morire o di seguire la terapia di stato, farebbero un passo da gigante se si accorgessero di questa cosa.
La libertà di cura è alla base di una democrazia liberale. Imporre, per qualsiasi motivo una terapia è l’anticamera della “non-democrazia“. Questa visione prevede uno stato etico che vuole pretendere di sapere ciò che è giusto per te, sulla base di una standardizzazione della massa, studiata scientificamente e socialmente.
Ivan Catalano